Onorevoli Colleghi! - La legge 30 marzo 1971, n. 118, agli articoli 12 e 13, prevede, per i cittadini che sono riconosciuti invalidi civili totali o parziali in misura superiore al 74 per cento, il diritto, rispettivamente, alla pensione di inabilità o all'assegno mensile di invalidità in presenza di condizioni di reddito limitate.
Il decreto legislativo n. 509 del 1988 ha escluso dalle citate prestazioni i cittadini che presentano domanda di invalidità civile dopo il compimento dei sessantacinque anni di età.
Il decreto-legge n. 25 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 93 del 1988, all'articolo 1, ha consentito di continuare l'erogazione delle citate prestazioni a coloro che, pur avendo già compiuto i sessantacinque anni di età, avevano già ottenuto la liquidazione della pensione o dell'assegno di invalidità.
Le successive interpretazioni degli organi giudiziari, tra cui la Corte di cassazione e la Corte costituzionale, hanno confermato e consolidato tale ultima interpretazione della normativa, con il risultato che attualmente queste pensioni sono in pagamento a favore di chiunque ne faccia richiesta purché più «giovane» di sessantacinque anni, mentre non vengono prese in considerazione le domande inoltrate da cittadini con più di sessantacinque anni di età.
Il fatto sicuramente anomalo è che per chi inoltra la domanda di pensione in età «consentita», cioè prima dei sessantacinque anni, la pensione viene corrisposta anche successivamente al compimento di tale età: pertanto oggi vi sono invalidi al 100 per cento nelle medesime condizioni di reddito che beneficiano o meno della provvidenza economica a seconda della data di inoltro della domanda, ovvero